Come gestire il malessere psicologico dello smart working

Come gestire il malessere psicologico dello smart working

Lo smart working in alcuni settori aziendali diventerà probabilmente permanente anche nel post pandemia a causa dei benefici apportati. Sarà probabilmente strutturato in modalità variabili che spezzano la settimana lavorativa alternando il remoto con la presenza.

Gli aspetti positivi spaziano per il personale dalla conciliazione vita e lavoro al livello di concentrazione, dalla produttività individuale al raggiungimento degli obiettivi (quando a casa si hanno spazi a disposizione separati da utilizzare per il lavoro) e per le aziende rispetto al taglio di costi sul lavoro: luce, riscaldamento, aria condizionata, servizi di pulizia, affitti locali, spese per il personale, buoni pasto.

Il perdurare della fase emergenziale e conseguentemente il lavoro in smart working, a volte in modo esclusivo, ha messo in luce gli aspetti negativi nel caso non sia un cambiamento desiderato dal lavoratore: l’assenza di socialità dal vivo nell’orario di lavoro, la mancanza di interazione fisica con i colleghi, il rischio eccessivo di call e di operare senza limiti di orario. Tutto questo ha ripercussioni sul benessere psicologico: vissuti di isolamento e solitudine, che possono generare stress, sintomi ansioso-depressivi, rischio di burn out e di demotivazione. Può produrre frustrazione e alienazione la perdita dell’informalità che caratterizza la partecipazione alla vita aziendale: le chiacchiere che possono diventare confronto produttivo davanti alla macchinetta del caffè o prima dell’inizio di una riunione o alla postazione del collega e comunque consolidano l’appartenenza al contesto aziendale.

Le aziende dovrebbero porsi il problema di come rispondere al malessere psicologico dei propri collaboratori legato al lavoro agile e individuare delle azioni efficaci al riguardo.

malessere da smart working

Cosa possiamo fare?

Come lavoratori dipendenti, non potendo scegliere se e quante giornate lavorative effettuare in remoto, l’alternativa è costruire un contesto per noi favorevole: se possibile in accordo con l’azienda utilizzare gli spazi di un coworking, che permette l’interazione sociale; darsi delle regole fisse ed una certa routine: non alzarsi all’ultimo e lavorare in pigiama, concedersi delle pause, consultare l’account aziendale di posta elettronica solo nell’orario di lavoro; impegnarsi al di fuori del lavoro in attività che implichino rapporti sociali: sport, palestra, hobby, tempo libero con amici e famiglia.

Nel caso il malessere perduri è indicato rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta per comprendere insieme quale tipo di supporto attivare.

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Dr.ssa Lorena Ferrero administrator