Malattie croniche e resilienza: come convivere con la cronicità

Malattie croniche e resilienza: come convivere con la cronicità

La diagnosi di malattie croniche mette a dura prova la nostra resilienza psicologica.

Le malattie croniche sono un ampio gruppo di patologie con un lungo decorso, che comprende le cardiopatie, l’ictus, il cancro, il diabete e le malattie respiratorie croniche. Ci sono poi anche le malattie mentali, i disturbi muscolo-scheletrici e dell’apparato gastrointestinale, i difetti della vista e dell’udito, le malattie genetiche. Le più diffuse sono: l’ipertensione (17,4%), l’artrosi/artrite (15,9%), le malattie allergiche (10,7%), l’osteoporosi (7,6%), la bronchite cronica e l’asma bronchiale (5,8%), il diabete (5,3%). Non dimenticando: l’epilessia, il glaucoma, la cefalea cronica, l’insufficienza cardiaca cronica, l’insufficienza renale cronica, la celiachia, la colite ulcerosa, la malattia di Crohn, la pancreatite cronica, il lupus eritematoso sistemico, l’infezione da HIV, l’ipercolesterolemia, i disturbi della tiroide ….. Ci sono poi le malattie croniche degenerative che meritano una trattazione a parte dal punto di vista psicologico.

La resilienza è la capacità di fronteggiare, resistere e riorganizzare positivamente la propria vita a seguito di difficoltà e eventi stressanti, consentendo l’adattamento, in questo caso a malattie croniche, che presentano sintomi costanti nel tempo e per le quali le terapie non sono quasi mai risolutive.

Nelle malattie croniche ci può essere resilienza?

Le malattie croniche sono un attacco all’identità, corporea e sociale, ci mettono improvvisamente davanti ai nostri limiti: ci rallentano, diminuisce l’efficienza, dobbiamo a volte fermarci temporaneamente, cambiare i ritmi quotidiani. Sono un ostacolo alla realizzazione di progetti e al raggiungimento di obiettivi.

Possiamo provare sensi di colpa e percepirci come un peso per gli altri, famiglia, amici e colleghi, se bambini o adolescenti sentirci diversi dai coetanei, vergognandoci e nascondendo la condizione. Si possono alternare vissuti ed emozioni quali il rifiuto, la rabbia, il distacco emotivo, lo sconforto, la tristezza, la disperazione con comportamenti opposti dal ritiro per la sconfitta esistenziale subita alla sfida della propria patologia, ad esempio non assumendo o con discontinuità la terapia farmacologica prescritta o non attenendoci alle indicazioni raccomandate per lo stile di vita. Possono emergere sintomi di tipo ansioso-depressivo.

Gli altri a volte dubitano sulle reali ricadute e ripercussioni fisiche delle malattie non direttamente “visibili” all’esterno.

E’ un lutto, una perdita, un’apertura all’incertezza. Sorge spontanea la domanda: Perché proprio a me?

Nelle malattie croniche dopo lo smarrimento iniziale può e deve nascere il germoglio della resilienza. Lo dobbiamo a noi stessi, diventando nuovamente protagonisti della nostra vita, indubbiamente diversa da come l’avevamo immaginata e desiderata.

Occorre trovare un nuovo equilibrio con la diagnosi di malattie croniche, accettando la convivenza con la patologia, senza identificarci in essa (noi non siamo il nostro disturbo), attingendo alle risorse e potenzialità per agire nel mondo.

Come favorire la resilienza nelle malattie croniche?

Al fine di sostenere la resilienza nelle malattie croniche un primo passo è autorizzarci a chiedere aiuto ed accettare il supporto degli altri, non isolandoci, nello spirito di solidarietà e reciprocità umana.

Una valutazione realista dell’impatto della patologia sulla nostra vita quotidiana ci permetterà di superare la nostra identità passiva di malati.

La nostra autoefficacia verrà alimentata modificando i progetti di vita, dandoci obiettivi diversi e raggiungibili, ricoprendo ruoli e attività adatti alle nuove esigenze.

La resilienza per chi soffre di malattie croniche è un percorso da affrontare per ripartire dopo la diagnosi, nell’incertezza del futuro che caratterizza l’esistenza di tutti, malati cronici o meno.

Nel caso in cui questo cammino sia accidentato e faticoso possiamo essere sostenuti rivolgendoci ad uno psicologo.

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Dr.ssa Lorena Ferrero administrator